Lì "bastarono un vecchio giradischi Philips, un microfono da dieci carte e un mixerino con due fader" per costruire una piccola radio. Oggi tante cose sono cambiate di sicuro, ma con solo un computer, un microfono e un mixer possiamo ottenere lo stesso risultato.
In radiofreccia forse la radio è solamente un contorno o una sorta di "McGuffin" per raccontare un'altra storia più complessa e profonda. Il film è la prova che per fare un lungometraggio di alta qualità non servono soldi, conoscenze culturali o grandi registi. Spesso un film semplice può raccontare molte più cose di quante se ne sia prefissate. Spesso si sentono psicologi e scrittori decifrare certi comportamenti senza riuscire nell'intento. Con chiarezza, semplicità, e soprattutto nessuna presunzione, Radiofreccia vuole rappresentare (e lo fa al meglio) una generazione che ha gli stessi identici sogni e problemi di una generazione moderna, solo, posti in maniera diversa. La mano dell'artista si sente nella scelta della colonna sonora. Si riconoscono facilmente Iggy Pop e David Bowie, ma orecchi più acuti possono sicuramente notare la presenza di Weather Report e Francesco Guccini, fino ai Doobie Brothers. Se si potesse stilare una lista di film da vedere almeno una volta all'anno (non sempre devono essere i più belli) Radiofreccia può di certo rientrarci.
A.B.
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